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Anno 12° N° 45 Settembre 2003 Pag. 2°Autore: Paolo Cogorno
INTERDIPENDENZA E GLOBALIZZAZIONE
Globalizzazione sta ad indicare le nuove forme assunte nel mondo dal processo di produzione fruizione ed accumulazione di capitale, al fine di creare un unico mercato ed ottenere profitti su scala mondiale.
Essa risulta dal confluire di processi che non sono solamente economici e politici quanto piuttosto da istanze sociali e culturali, al fine di rispondere ad esigenze conoscitive, esplorative, oltre ad essere legata alla diffusione di valori, idee, fedi religiose. Solamente nell'ultimo secolo l'analisi della globalizzazione assume uno spazio significativo, soprattutto attraverso lo sviluppo tecnologico dei media e di tutti gli strumenti di comunicazione umana che ne costituiscono l'asse portante.
Oggi risulta sempre più difficile non fare i conti con quello che può accadere in altre parti del mondo. La speculazione economica selvaggia non paga come un tempo: la velocizzazione della comunicazione e dei processi produttivi fa sì che un'azione che porta un danno concreto alla collettività non impieghi molto tempo a ritorcersi sui mercati e quindi direttamente sul terreno di chi l'ha prodotta o ha avallato il suo compiersi.
Da un punto di vista psicodinamico la speculazione selvaggia è legata ad una dimensione di oralità, di divoramento: la dinamica di branco si manifesta con i "sintomi economici" che si abbinano a sintomi di psicosi collettiva:
il delirio paranoide con l'idea che i "pozzi siano senza fondo" e le risorse illimitate, l'immediatezza con investimenti indirizzati solo alla speculazione a brevissimo termine e quindi sostanzialmente improduttivi, l'irriflessività con acquisti e vendite dettate dalla paura o dall'euforia, la rigidità e l'ecolalia con transazioni economiche copia-incolla, dettate da comportamenti stereotipati (ed indotti) più che da una valutazione globale degli scenari.
Il tutto accompagnato da una terminologia "rassicurante" e ridicola da parte dei media: "mercati nervosi, volatili etc.".
L'attentato e la distruzione delle Torri dell'11 Settembre è estremamente significativo per testimoniare quanto fattori psicologici più che economici determinino transazioni economiche significative, quelle che appunto "fanno tendenza". Questo mostruoso gesto è anch'esso espressione di interdipendenza tra due poli: da un lato l'onnipotenza paranoide di una economia che si credeva in espansione, scevra da qualsivoglia strumento dialettico con delle controparti; dall'altro un contro-agito paranoico che si muove sul fragilissimo asse della relazione schiavo-padrone, sulla scia della altrettanto paranoide ed onnipotente "vendetta divina" dell'estremismo islamico.
L'11 Settembre non è inutile se prendiamo coscienza, più che della vulnerabilità dei servizi segreti, della fragilità e della insensatezza di questo sistema pseudo-globalizzato.
La crisi economica mondiale e globale che ne è seguita è molto inconsueta, innanzitutto è di lunga durata; inoltre esistono capitali immensi paralizzati, che non entrano nel mercato; le ragioni del non investimento sono molte: da un punto di vista psicologico si possono riassumere in paranoia, paura, povertà di idee e contrazione della creatività, consapevolezza di un mercato-mostro che può divorare ciecamente ed insensatamente le risorse; quindi un mercato malato, che deve cambiare.
Infatti la consapevolezza di cambiamento di questo mercato inizia ad esserci, lo testimoniano anche i ripetuti interventi delle banche centrali e di altre istituzioni, interventi indispensabili per tenere in equilibrio una situazione generale, alla quale, per coscienza o convenienza, quasi tutti tengono.
Il momento di "depressione" che si sta vivendo può essere l'inizio di un riflettere, a lungo termine, su cosa produciamo e come lo produciamo.
Non mi sembra azzardato il parallelo di questa situazione con il percorso della psicoanalisi dialettica: la collettività è in qualche modo costretta a prendere coscienza attraverso tutto ciò che è simbolo, del proprio interdipendere, questo processo non è certo indolore e privo di conflittualità, e proprio come nelle dinamiche di gruppo non è neanche necessario che tutti gli individui abbiano o possano avere lo stesso livello di consapevolezza. Sapere di interdipendere e accoglierlo, consente il passaggio a modalità più intersoggettive di relazione e quindi alla possibilità di intersoggettività anche nelle transazioni economiche tra gruppi di individui.
In conclusione, un'economia globalizzata non può separarsi dalla coscienza di interdipendenza, in quanto l'interdipendenza stessa prevede una forma di reciprocità.
In questo senso i paesi "ricchi" non potranno più trascurare e sottovalutare realtà economicamente e culturalmente distanti quanto i paesi del terzo mondo non potranno sottrarsi alla globalizzazione, quale incontro dialettico di cultura e sistemi di produzione.
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